Il Metodo Scarpante è uno strumento terapeutico di gruppo basato sulla narrazione di sé al servizio di un cammino introspettivo e di ricerca interiore affidato alla parola scritta come viatico alla comunicazione, alla condivisione di temi cruciali e a una rivelazione rigenerativa.

Con la mia autobiografia ho assaggiato il terreno della clinica perché la mia analisi mi ha condotto verso l’autoterapia: all’introiezione di una nuova e maggior fiducia in me stessa… La scrittura di sé quindi rappresenta un’opportunità e un’occasione evolutiva.”
(Sonia Scarpante, Non avere paura. Conoscersi per curarsi, Edizioni San Paolo).

Tutto ha preso le mosse da un cammino autobiografico iniziato nel 1998, riconosciuto negli anni e depositato come Metodo Scarpante con un lavorio costante di anni alla conoscenza e di pubblicazioni; metodo inteso come strumento di cura dove, come docente, facilito il gruppo di condivisione tramite un percorso introspettivo e di ricerca interiore. La mia autobiografia diviene il primo strumento per entrare in contatto con il gruppo e organizzare, subito dopo, il lavoro sull’interiorità.

Mettendo a nudo una parte di me, attraverso riflessioni scritte personali e spesso sofferte, induco chi mi ascolta a produrre una narrazione simile, a scavare nella propria interiorità, al fine di giungere a un tema condiviso, per quanto soggettivamente elaborato. Il risultato è quasi sempre la produzione di scritti caratterizzati da un forte potere rigenerativo. Lo sforzo mio iniziale, quello d’apertura, diviene così, in tutti gli incontri di gruppo, primo gradino vivo verso una più consapevole ridefinizione e riformulazione di una o più tappe cruciali della nostra esistenza.” (Sonia Scarpante, Parole evolute. Esperienze e Tecniche di scrittura terapeutica).

Si impara, insieme, che condividere aiuta ad elaborare disagi e traumi vissuti ma non espressi compiutamente. Man mano che il lavoro procede attraverso gli scritti e la condivisione, si matura una consapevolezza personale e collettiva maggiore. La scrittura di chi partecipa al lavoro di gruppo, da ruvida, come traspare all’inizio del percorso, diviene sempre più fluida e precisa, via via che aumenta la consapevolezza del dolore attraversato e analizzato. Facile accorgersi, durante gli incontri, quanto la sofferenza diventi più consistente ed ostile quando la chiudiamo nella nostra mente, impedendo alla parola di raggiungerla per lenirla.

Jerome Bruner, uno dei fondatori dell’attuale Psicologia Culturale (1915-2016), ci ha introdotto al bisogno dell’uomo di narrarsi, ad analizzare l’arte del narrare come una delle forme di comunicazione più antiche.

La nostra identità personale e il nostro concetto del Sé vengono acquisiti tramite l’uso della struttura narrativa, e la concezione della nostra esistenza come un unico insieme è compiuta per mezzo della comprensione della nostra vita come espressione di un’unica storia che si svela e si sviluppa”. (Jerome Bruner, da La ricerca del significato)

Immagine di scrittura di gruppo
Momento di confronto e scambio di gruppo

Bruner ci ricorda che noi esseri umani abbiamo bisogno di dare senso e significato alla nostra vita e che riusciamo a farlo attraverso un processo creativo, simbolico. Tale narrazione ci permette di strutturare le conoscenze e dare anche forma alle nostro Sé, alla nostra identità. Nel suo testo l’autore sostiene che tramite l’autobiografia, la narrazione del sé, il protagonista riesce ad osservare sé stesso nel “qui ed ora” e nel “là ed allora”. Il protagonista diventa tutt’uno con il narratore e nascono nuovi significati e in tal modo l’essere umano si riscopre.

La ricerca del proprio senso è alla base del Metodo

James Pennebaker ci parla del potere di scrivere di sé attraverso la scrittura espressiva, metodo descritto per la prima volta nel 1986 in un documento scientifico. Pennebaker fa riferimento a una tecnica che consiste nello scrivere esperienze personali dolorose e significative per tre o quattro giorni consecutivi per un tempo di circa 15-20 minuti. Una tecnica che aiuta la persona a mettere nero su bianco il proprio stato emotivo, la fragilità della vita. La pubblicazione di questo metodo, allora innovativo, precedette moltissimi studi e ricerche che trattavano l’efficacia della scrittura di sé e del suo legame con la salute. I suoi studi marcarono realtà importanti per i risultati raggiunti; si evidenziava come il gruppo sperimentale avesse poi bisogno di meno controlli per la salute e che esisteva un’influenza reale sul sistema immunitario, sul sistema nervoso autonomo, sulle dinamiche sociali e sul benessere della persona con ritmi del sonno più compensativi. 

Quando si scrive, sostiene Hannah Arendt, ci si appropria del mondo in un processo di comprensione che lo fa nostro, così da consentire al soggetto di riemergere con maggior consapevolezza. Scrivere dà la possibilità di raccontare a noi stessi non solo i nostri pensieri, le nostre emozioni e gli eventi della nostra vita, ma ci pone in una condizione in cui attiviamo un processo di costruzione e ricostruzione di questi in base all’interpretazione che diamo di noi stessi nel momento stesso in cui ci narriamo (Monica Tettamanzi, tesi Il potere trasformativo delle storie per Scuola di Counseling Sistemico Pluralistico).

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Il Metodo Scarpante si propone come metodo di scrittura autobiografica che dà ampio spazio alla tecnica epistolare dandole un ambito privilegiato nella cura e conoscenza di sé e a temi simbolici (la casa, il viaggio, lo sconosciuto, le paure…). 

La prima a farsi strumento e a denudarsi in questo percorso sono proprio io, con la lettura della prima lettera (“A me stessa”) scritta nel 1998 come incipit del mio percorso formativo dopo l’incontro con la malattia oncologica. Come docente invito poi le persone del gruppo a scrivere un  proprio elaborato A me stesso come se fosse seguito da una trasposizione di noi all’esterno (cito come testi esemplari i Colloqui con sé stesso di Marco Aurelio e L’arte di conoscere se stessi di Arthur Schopenhauer); un testo “A me stesso” visto anche in funzione della relazione che viviamo con l’altro. 

L’obiettivo è offrire uno strumento di conoscenza che solleciti un percorso introspettivo di auto-conoscenza per trasformare il mondo emotivo in un punto di forza e di sostegno. La scrittura diventa qui un aiuto a scoprire se stessi.

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Le fasi del laboratorio si alternano in momenti diversi: il primo momento riguarda la scrittura individuale a cui poi corrisponde un momento di confronto e di condivisione dei vissuti espressi nei testi scritti per arrivare a una restituzione, da parte della persona che conduce, su ciò che è emerso dalle voci narranti. Si comincia quindi dalla lettera a se stessi (come ci vediamo oggi, che ricordo abbiamo della nostra infanzia o adolescenza, che cosa vorremmo raccontarci) per proseguire con la lettera all’amico, uno scritto alla persona che ha segnato la nostra vita, ai nonni, ai nostri figli, al compagno di vita sino a toccare le note fondamentali che riguardano le figure genitoriali che sono quelle fondamentali della nostra vita e le più condizionanti. Per arrivare alla scrittura dei nodi dove si impara a dare parola alle nostre frustrazioni, alle ambivalenze, alle fragilità, al senso di colpa: è la lettera al nodo. Su questo argomento ritengo illuminanti alcune pagine tratte dal mio libro I nodi di Maura in vendita sullo shop online della Casa Editrice Odòn. 

Dopo il primo step “lettera a se stessi” il lavoro prosegue con temi simbolici: il tema della casa, cosa si intende per casa, quella dell’infanzia, quella del desiderio, la casa attuale, la dimensione di casa veramente cercata e forse mai posseduta, ma anche la casa intesa come relazione. Lo stesso vale per il tema trattato del viaggio: il viaggio che ci ha trasformato, il viaggio dei nostri sogni, un viaggio che vorremmo realizzare nella vita.

RICORDA: puoi anche inviarmi una lettera online compilando il modulo che trovi sul sito dell’Associazione Odòn.

Anche le immagini a volte supportano il lavoro di gruppo, infatti un tema richiesto è quello di soffermarsi su tre fotografie che “toccano” (infanzia, adolescenza, adultità) per poter condividere le emozioni di allora e quelle di oggi. 

Nel metodo si prevedono anche sessioni di scrittura da svolgere a casa per poi condividerle nel lavoro di gruppo. La tecnica non fa riferimento a una forma precisa, ma è una scrittura libera, di getto, dove si privilegia il lasciar fluire le emozioni e i sentimenti. Ciò che emerge già dai primi incontri è una sorta di catarsi in cui si impara a guardarsi dentro con verità e coraggio. Si impara a condividere nel gruppo lasciando libera la persona di dire o di leggere, e ciò viene considerato un momento fondamentale perché proprio nell’atto stesso di leggere, di dare voce e quindi di condividere il contenuto con qualcuno, che aumenta la forza e la consapevolezza in noi di ciò che abbiamo scritto. Inoltre, lo stesso ascoltare ciò che altri ci offrono permette un ulteriore processo di rispecchiamento emozionale e di conoscenza interiore. Perché il lavoro di gruppo possa essere efficace è importante che al suo interno vi sia un clima di fiducia reciproca e non di giudizio. L’utilizzo della forma epistolare attiva i ricordi e dà voce alle emozioni senza troppe censure. Poi ci sarà il tempo per contestualizzare e fare in modo che la memoria attivata dalla scrittura possa essere trasformativa, generativa, così da portare lo sguardo oltre la fatica e la sofferenza. Qualunque forma di scrittura introspettiva richiede coraggio nell’affrontare le emozioni che affiorano e fiducia in ciò che andiamo a costruire. 

La scrittura epistolare rivela una grande potenza quando la dedica viene fatta al padre o alla madre: spesso si rivelano relazioni difficili, conflittuali, ma è anche grazie a questa scrittura che riusciamo a riconciliarci con loro, ad accettare le fragilità di ciascuno e a maturare consapevolmente, liberi da ruoli che fino a quel momento non ci permettevano di essere autentici. 

Nel gruppo di approfondimento dopo le tematiche relative alle relazioni di coppia e con i famigliari, i partecipanti sono invitati a scrivere su tematiche più specifiche, paure, angosce, conflitti, disagi, sensi di colpa, etica… La scrittura anche in questo caso facilita la corrispondenza io-gli altri, dà l’avvio a un processo d’osmosi che rende naturale lo scambio di attenzione, di concentrazione e di comunicazione tra il singolo e il gruppo, e viceversa. In poco tempo, così, si sprigiona nel gruppo un’energia feconda e rigenerativa per tutti, paritaria e che non prevede più un curante e un curato, ma persone che si possono curare l’una con l’altra, perché ogni esperienza del singolo soggetto rappresenta la pietra miliare di riferimento per la costruzione di un’etica condivisibile, per l’emancipazione dalle convenzioni e dai pregiudizi. (Sonia Scarpante, Parole evolute. Esperienze e Tecniche di scrittura terapeutica).

AGGIORNATO IL: 08/09/021

Presidente associazione La cura di sè, docente, formatrice e scrittrice. Docente di scrittura terapeutica e formatrice per operatori sanitari e educatori. Master per operatori con metodologia registrata Metodo Scarpante

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