La sanità (in generale) e l’ampio campo della battaglia contro il cancro (nel particolare) possono essere temi da romanzo? La risposta di Giuseppe Azzarello – noto oncologo di area veneta – nel suo primo volume come autore, Il mestiere delle porte bianche, è decisamente affermativa: scrivere una storia con al centro le speranze e i drammi di chi cura e di chi è curato si può, forse anche si deve. Certo a conferma di questa ipotesi c’è la stessa storia della letteratura con numerosi esempi di grandi romanzi dove il “buon curare” è al centro della narrazione – dalla Cittadella di Archibald Cronin a Corpi ed Anime di Maxence Van Der Meersh – ma la proposta di Azzarello pone lo sguardo (e in un certo senso il bisturi) in una declinazione tutta contemporanea del “raccontare la cura”: qui si narra del tentativo di tener fede alla missione di chi lavora in sanità in un tempo in cui le risorse economiche rischiano di amputare ampi spazi di etica medica, portando a tagli organizzativi ed umani spesso dolorosi, mentre l’invadenza della tecnica sembra portare sempre più in secondo piano l’importanza della competenza e dell’ascolto.

Può vincere oggi un’etica della cura, oppure logica di mercato e pensiero globalizzante dell’età della tecnica avranno la meglio?

La vicenda narrata in quest’opera avvincente e spiazzante, racconta proprio di due protagonisti ideali della medicina e della sanità odierna: Sandro, anziano medico divenuto ormai avviato consulente regionale e Giorgio, anch’egli medico e oncologo, cocciutamente votato alla purezza etica e professionale. I due incarnano modi di essere ed agire differenti, anche se ognuno – e qui sta la forza dell’autore – può riscoprire in Sandro e Giorgio tratti trasversali e comuni con il vivere e sentire odierno di tutti. La vicenda, tesa e ritmicamente tumultuosa, si addentra attraverso dialoghi e fatti, in un passato e presente in cui si intrecciano le scelte politiche e le pressioni mediatiche, le ambizioni diffuse e il dolore dei pazienti. Le certezze e i dubbi dell’essere medico – il mestiere delle porte bianche – si materializzano così in un grido che emerge nelle pagine e nelle conversazioni dei protagonisti, e assumono in ultimo – dice lo stesso Azzarello – “quasi la forma di una preghiera rivolta alle coscienze, un messaggio di responsabilità personale e sociale che si situa ampiamente oltre ogni idea politica, affinché non si affermi la sottomissione alla sola logica del mercato e al pensiero globalizzante dell’età della tecnica”.

L’autore del romanzo

Giuseppe Azzarello, veronese di nascita (Soave, 1959), pesarese di adozione, laureato in Medicina e specializzato in Oncologia a Padova, dirige attualmente l’Unità Operativa Complessa di Oncologia ed Ematologia Oncologica di Mirano-Dolo (Venezia). È membro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica-AIOM, per la quale ha ricoperto gli incarichi di Coordinatore per il Veneto. È autore di oltre 100 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali ed è stato docente di Oncologia e Cure Palliative al Master Universitario Death Studies and End of Life dell’Università degli Studi di Padova. Questo è il suo primo romanzo.

Curare è anche una politica. Può essere fatto con un rigore
di cui la dolcezza è il rivestimento essenziale.
Una attenzione squisita alla vita che si veglia e sorveglia.
Una precisione costante. Una sorta di eleganza negli atti,
una potenza e una leggerezza, una presenza
e una sorta di percezione molto attenta che osserva i minimi segni.
È una sorta di opera, di poema (mai scritto) che la sollecitudine
intelligente compone.
Paul Valéry, Discorso ai chirurghi, 17 ottobre 1938

Il mestiere delle porte bianche

Walter Gatti, nato a Lodi nel 1959, si è laureato in Filosofia all'Università Cattolica di Milano, è giornalista di musica e di multimedia dal 1986.

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