Ciao Sonia e grazie, non fosse stato per te, mi sarei persa la bella intervista a Massimo Recalcati (Perché la violenza sulle donne è razzista, 18/02/2021) che hai sintetizzato nel tuo scritto; a cui c’è poco da aggiungere, ma dati i riferimenti dell’intervistatrice a Cristina Comencini, vorrei segnalarti un suo articolo su Repubblica, due giorni prima, in cui, partendo dall’esperienza straordinaria della manifestazione del 13/02/2011 che lei stessa contribuì a lanciare – un milione di persone in tutt’Italia -, scrive: “Non chiedevamo, ci mettevano al centro delle vicende politiche e umane di quel momento”; e aggiunge che la colpì molto un cartello portato da due ragazze “Siamo noi che facciamo la Storia” osservando poi che quella manifestazione, che fu la più numerosa di tutta la storia italiana, sembra dimenticata: amnesia su cui vale la pena riflettere.

Lei si risponde che, diversamente da quanto in quel cartello si affermava, nel pensiero comune non siamo affatto noi che facciamo la Storia. “Le nostre azioni sono inserite in studi sull’emancipazione femminile, sul progresso dei diritti delle donne, sulle politiche di genere. Ci toccano spazi specifici […] Una storia a parte che scorre accanto a quella più grande, come fossimo solo un gruppo da liberare e da equiparare finalmente agli uomini”.

Quando invece si tratta di ben altro. Una civiltà che nei secoli è stata capace, dall’interno delle case, di sostenere la comunità intera, “creando nel silenzio valori e storie“, tra la crescita dei bambini e la cura degli anziani, lo studio reso quasi impossibile e il misconoscimento della propria scienza; questa civiltà non entra nel mondo se non per affermare la propria differenza.

E su questo dice qualcosa che mi ha riportata al testo sui generi che ci avevi proposto al corso e alla citazione da me inserita, che a mio parere contiene la famosa chiave di volta: “Il personaggio di Franca Basaglia Ongaro, nel film su Franco Basaglia, a proposito dei due generi, maschile e femminile, diceva una cosa così: “Dovremmo essere uniti nel combattere quello che ci tiene divisi“. Perfetto, condivido. Credo che le contrapposizioni, o anche solo fare due discorsi separati, non porti da nessuna parte: come dice il mito, cerchiamo l’altra metà che ci completa, per cui non siamo opposti ma complementari”. Cristina Comencini scrive che faremo la Storia solo se porteremo le nostre modalità specifiche e “se non chiederemo agli uomini di farci spazio ma costruiremo con loro uno spazio per due”.

Dopo aver evidenziato che tutto ciò “non è chiaro ancora e non è realizzato” e che, soprattutto con la pandemia, si rende invece necessario “come il lavoro e lo sviluppo economico”, conclude: “Le donne devono avere il coraggio di affermarlo e di rivendicarlo. Se si potesse lanciare oggi una nuova manifestazione come quella  dimenticata di dieci anni fa, credo che questa volta bisognerebbe scrivere: la Storia ha bisogno di noi”.

Spero tu stia bene. Anche qua tutto ok, ma naturalmente non vedo l’ora di poter tornare ai miei progetti.

Mi ha fatto piacere questo scambio, ancora  una volta. Buon lavoro, bacio.
Liliana

La risposta di Sonia Scarpante

Liliana in questo scritto mette in evidenza come ci sia bisogno del nostro supporto nella Società, come ormai la Storia del mondo chieda una nostra incidenza “nelle cose della vita”. Urge far nascere un nuovo linguaggio emotivo più aperto al maschile, una educazione sentimentale dove ognuno possa saper esprimere il proprio desiderio, il talento legato alla propria creatività, la profondità dell’interiorità che ha bisogno di rinascita, di assolvere al suo compito di generatore etico per una comunità di destino solidale e non frammentaria, una comunità costruita su molte vedute visionarie e rivoluzionarie.

La visione” sul mondo va recuperata e il femminile su questo tema può essere apicale e intervenire grandemente per educare alla comprensione dell’alterità, del diverso, del fragile che diviene forza evolutiva e della ferita comescacco di rinascita e di trasformazione personale, perché la Cura è sempre tema inclusivo e onnicomprensivo. La bellissima canzone di Battiato in questi giorni ce lo rammenta vistosamente; quel grande genio poeta in quella sua lode ha innalzato il concetto di Cura a vette elevatissime.

Questa nostra responsabilità personale va riesumata perché solo così ne possiamo uscire uomini più liberi e consapevoli. Non siamo più maschi o femmine ma semplicemente comunità dove il genere si annulla perché è la storia della persona che crea differenza, pacificazione, elemento di crescita e non di dispersione. 

La Storia del singolo ha sempre un volto umano che non è né femminile, né maschile, è solo persona e nella sua eccedenza comunità di destino.

Crediti, immagine di copertina: Donna in città – it.freepik.com

Presidente associazione La cura di sè, docente, formatrice e scrittrice. Docente di scrittura terapeutica e formatrice per operatori sanitari e educatori. Master per operatori con metodologia registrata Metodo Scarpante

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