Si parla di Dipendenza Affettiva quando l’amore si trasforma in una relazione che fa soffrire, solitamente uno dei due partner: la donna (ma non ne sono esenti gli uomini). 

La donna spesso riconosce gli effetti devastanti del partner, eppure non riesce ad allontanarsi o concludere dalla relazione.

Si usa parlare di pene d’amore, ma se ci pensiamo bene l’amore non dovrebbe far penare ma fare gioire, dare serenità, sicurezza, complicità.

Invece nel caso della persona che soffre di dipendenza affettiva, sono le emozioni e gli affetti negativi a prevalere: sofferenze prolungate, estrema gelosia, svalutazioni continue, sopraffazione e a volte anche violenza psicologica, fino all’estremo del maltrattamento fisico.
Si tratta dunque di una problematica affettiva legata alle emozioni, ai pensieri e ai comportamenti delle relazioni amorose, che provoca un fortissimo disagio, fino ad una vera e propria sofferenza sempre più diffusa nel mondo contemporaneo.

La dipendenza normale

Va chiarito subito che un certo grado dipendenza in una relazione di per sé non è patologica. Al contrario le persone dipendono dagli altri per ottenere soddisfazione, piacere, benessere. Questo lo si vede bene osservando i bambini, che specie in tenera età dipendono in tutto dagli adulti per il loro accudimento, per il loro benessere o per la loro stabilità affettiva. Ma anche un adulto dipende dall’altro per sviluppare relazioni amicali o professionali, cosi come uomo e donna dipendono uno dall’altro per provare un certo grado di piacere (ad esempio sessuale).
Questo è assolutamente normale e sano, così come è normale che durante la fase dell’innamoramento, ci sia un certo grado di dipendenza affettiva e fusione con il partner.
Con il tempo però questo bisogno di dipendenza dovrebbe diminuire con l’evoluzione del rapporto, quando l’iniziale innamoramento si trasforma in amore maturo, lasciando nella coppia una piacevole percezione di autonomia.
diversamente da quanto siamo soliti pensare l’innamoramento è solo la prima fase di un rapporto di coppia, poi deve evolversi e crescere. In questa evoluzione sono inevitabili diversi destini della relazione.
Nel caso più ‘fortunato’ l’innamoramento diventa amore e il rapporto di coppia acquista stabilità, maturità e piacevolezza.

Leggi anche La psicoterapia per la dipendenza affettiva di Francesca Monti

Innamoramento

Ecco dunque una prima distinzione importante: innamoramento non è amore. Innamoramento, come tutti lo conosciamo è caratterizzato da una certa infatuazione che porta ad euforia, entusiasmo, senso di benessere al solo pensiero del nostro ‘oggetto d’amore’.
Non solo stiamo bene con l’altro, ma lo idealizziamo, non vediamo i suoi difetti, pensiamo sempre a lui, sentiamo ‘le farfalle nello stomaco’. Capita di perdere l’appetito, abbiamo l’aspetto un po’ trasognato, ‘viaggiamo ad un metro da terra’, e spesso questa trasformazione che si verifica in noi quando ci siamo appena innamorati è visibile da tutti.
Eppure l’illusione che queste sensazioni durino per sempre è proprio una trappola dell’innamoramento.
Fermarsi a questa fase del rapporto è purtroppo uno dei primi destini dell’innamoramento. Così spesso nelle coppie quando finisce l’infatuazione finisce il rapporto stesso, con la classica frase ‘non provo più niente per lei’ (o lui). Al contrario di quanto si crede non è perché si comincia a litigare o ci si stanca gli uni degli altri, o si tradisce, che finiscono i rapporti di coppia. La fine del rapporto è spesso legata a quello che si confonde con fine dell’amore.
In realtà è solo la fine (o l’attenuazione) di quell’insieme di sensazioni ed emozioni che dava l’innamoramento.
Ma, senza aver la pretesa di esaurire l’argomento, dove sono stati scritti fiumi di parole, da filosofi, psicoanalisti, uomini di cultura, e dove in fondo ci sentiamo tutti un po’ esperti, consideriamo ora quel drammatico destino che prende l’innamoramento quando diventa dipendenza affettiva.

E’ evidente che ci sono dei motivi personali che provengono dalla storia della persona se si cade nella dipendenza affettiva, ma quello che interessa è come mai si cade in questa trappola dolorosa e pericolosa e perché è così difficile uscirne.

La dipendenza affettiva patologica

La dipendenza affettiva patologica è definibile come uno stato mentale, ed emotivo in cui la relazione di coppia è vissuta come indispensabile e necessaria per la propria esistenza. All’altro viene attribuita un’importanza tale da annullare se stessi e non ascoltare più i propri bisogni. Questa modalità continua a ripetersi per evitare di affrontare la paura più grande: la rottura della relazione e l’abbandono. Spesso nella relazione non c’è reciprocità nella vita affettiva, ed è caratterizzata da malessere psicologico e/o fisico.
Nonostante questo chi manifesta i sintomi della dipendenza affettiva, invece, ha un profondo bisogno di fusione con l’altro, come se vivesse in simbiosi.  Ha bisogno di continue rassicurazioni, bisogno eccessivo di protezione e scarsa autostima, crede che la propria felicità dipenda completamente dalla vicinanza dell’altro, anche se in realtà costui la fa soffrire. Ha la tendenza a prendersi responsabilità non sue, giustificando l’altro più del necessario, rendersi troppo servizievole. Questo perché vive continuamente nell’ansia di essere abbandonato. Spesso il timore dell’abbandono porta la persona a fare di tutto per mantenere la relazione con l’altro, dominati dal pensiero di non essere degni d’amore o che i propri bisogni non siano importanti.
Viene chiamata dipendenza affettiva, proprio perché viene considerata nei manuali diagnostici come una vera e propria dipendenza patologica, questa malattia dell’affetto raggiunge forme estreme simili alla dipendenza da uso di sostanze. Nello specifico si tratta di una dipendenza comportamentale in al posto della sostanza abbiamo una persona, il partner della relazione (non necessariamente una coppia).

Le nuove dipendenze

La dipendenza affettiva viene solitamente catalogata tra le nuove dipendenze, cioè quelle dipendenze comportamentali che non si servono di sostanze. Tra queste, ad esempio, la dipendenza dal gioco (ludopatia), lo shopping compulsivo, la dipendenza da internet e la dipendenza sessuale (la sex addiction).
Rispetto alle dipendenze ‘tradizionali’ le nuove dipendenze spesso non vengono nemmeno riconosciute come tali, se non dagli specialisti. Basti un esempio tra i tanti possibili: la dipendenza dai telefonini (o da internet). Ne siamo quasi tutti colpiti in varia misura eppure riteniamo normale continuare a stare con il telefono in mano, anche nelle situazioni più improbabili per controllare se sono arrivati messaggi, la posta, i social e via dicendo.
Non è difficile notare che questo bisogno di controllare continuamente lo smartphone, non è altro che il bisogno di sentirsi sempre ‘connessi’, cioè in relazione (anche con sconosciuti), spesso idealizzando questi contatti come se fossero rapporti reali. Questo non è altro che un bisogno di non sentirsi soli, isolati, fuori dai rapporti.
La stessa paura dell’abbandono di cui in fondo soffre chi è colpito dalla dipendenza affettiva.
Ancora una volta torniamo sui sintomi profondi di questa patologia: la paura di rimanere soli, di non essere considerati o stimati dall’altro, in fondo un senso di inadeguatezza che l’altro deve sempre smentire. Nella relazione, se soffri di dipendenza affettiva, invece l’altro continua a farti sentire inadeguato, insufficiente, sbagliato, incapace. Eppure tu ne hai bisogno ugualmente, come in una prigione, da cui non riesci a uscire perché in fondo pensi che piuttosto che rimane sola è meglio questo inferno.
Si ritiene che siano soprattutto le donne a soffrire di questo problema e le cifre sembrano confermarlo visto che sono sempre più frequenti i casi di femminicidio.
Non si tratta di esagerazione: spesso i maltrattamenti delle donne hanno origine proprio dalla dipendenza affettiva e sappiamo tutti che nelle faccende d’amore le ‘donne sopportano molto più degli uomini’.
Sono ormai famosi i testi, scritti da donne come ‘donne che corrono coi lupi’ oppure ‘donne che amano troppo’.
Viene spontaneo domandarsi se esista un ‘troppo’ dell’amore, come sia possibile amare troppo.

Psicologo, psicoanalista.
Presidente della cooperativa Il Sentiero e consigliere della cooperativa la Clessidra. Responsabile della comunità Alda Merini. Uno dei fondatori dell’associazione Odòn.

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