Son contenta e curiosa nel ritrovarmi qui a scrivere una nuova versione della Lettera a me stessa. Contenta perché è un po’ ritornare a casa, ritrovarmi tra me e me, più di quanto mi sembri di farlo nelle altre lettere.

Curiosa perché nel frattempo è passato qualche mese: son stati mesi importanti e densi: ricchi di riflessioni e di cambiamenti anche importanti nella mia vita.

Il corso di Scrittura Terapeutica è stato il vento in poppa che mi ha spinta a tuffarmi in nuovi mari, nuove esperienze, nuovi modi di essere, di pormi e di osservarmi. Mi sento arricchita rispetto alla Cinzia di qualche mese fa. Ho capito qualcosa che mi fa sentire meglio, mi sento meno inquieta. Ho capito che non posso inventarmi di essere diversa da me stessa.

Mi riferisco tra le altre cose, al rapporto che avevo con mia sorella. Dopo varie vicissitudini sono approdata finalmente all’accettare che lei ed io siamo due sorelle, due persone distinte, ognuna che si fa la propria vita indipendentemente dall’altra. Io ho un’amica con cui riesco a trovare il reciproco ascolto e la reciproca partecipazione che mi fanno sentire vicina a lei e compresa, quando siamo in contatto,  quando ne sentiamo il bisogno.

Mi reputo già fortunata ad avere qualcuno con cui potermi confidare e attraverso cui potermi vedere per quella che sono intimamente, senza sentirmi giudicata, ma sentendomi accolta. Sto pensando a Cristina, la mia amica, quella con cui mi trovo maggiormente a mio agio. 

Mi piace parlare con te perchè se hai qualcosa da dirmi non ti nascondi e se hai qualcosa da chiedermi lo fai e apprezzi le mie risposte perché le senti vere e non confezionate solo per compiacerti. Questa è reciprocità. E poi mi piace di te che sei diversa da me: tra di noi c’è uno scambio, ci cerchiamo entrambe e insieme abbiamo costruito un’amicizia che si è rafforzata, un passo dopo l’altro, dal nostro primo incontro, circa 7 anni fa” .

Con Cristina e con le persone che frequento in questa fase della mia vita sto portando avanti i rapporti in cui mi sento di essere autentica e mi sento libera di mostrarmi per quella che sono. Sto scoprendo che è molto meno faticoso di prima. Essere me stessa, liberandomi piano piano di quel manto di accondiscendenza che non sapevo nemmeno di indossare, rende tutto più facile, semplice, e c’è bisogno di meno parole, meno spiegazioni: è tutto più chiaro.   

Per questo mi rendo conto che merito tutto ciò e che ho fatto bene a lasciare andare le vecchie illusioni di condivisione che mi tenevano incatenata a mia sorella e all’idea che mi ero fatta di lei come di una persona inscindibile da me e, perciò, mantenendo me stessa in una posizione scomoda e assolutamente falsata.

Mi sento molto più definita e libera, più naturale. C’è voluto coraggio, anche tanta fatica e tanta convinzione.

Ho apprezzato tanto il sostegno di chi mi ha seguita, ho capito le incitazioni di Sonia, che evidentemente ci è già passata, lei sa di cosa sto parlando e non è scontato! Grazie Sonia. Le tue parole sono state un aiuto prezioso, ho capito che i miei sforzi avevano un senso e che mi stavo muovendo, anche se confusamente, nella giusta direzione. A volte è quasi un miracolo sentirsi capiti mentre si è impegnati in una battaglia con se stessi. E tu mi sei arrivata. Così come mi sono arrivati i commenti e le emozioni dei miei compagni di corso. Ci tengo a dirlo a me stessa, perché è troppo facile dimenticare le cose belle, piccole perle che mi hanno dato forza, la forza di credere in una strada buia, che mi sembrava di percorrere ad occhi chiusi.

Devo ammettere che mi sento sempre una principiante quando affronto questo tipo di imprese: lasciare un mio modo di essere che mi faceva sentire mi ha protetta da anni, ma adesso è scomodo, obsoleto e controproducente per la mia libera espressione. 

I passi richiesti per questo genere di impresa sono tanti e spesso mi sembra di averli compiuti alla cieca: uno per volta, ognuno come diretta conseguenza dell’altro, con l’emozione, ogni volta, della decisione improvvisa e inequivocabile, presa così, al momento, senza poterla programmare. Ogni passo come conseguenza del passo precedente.

Questo vissuto mi riporta ogni volta a me stessa, alla mia modalità di essere, che è alla base delle mie esplorazioni, dei mutamenti e che mi ha portato a vivere le esperienze fondanti.

Al principio di questo corso ho raccolto tre foto che segnano i passi significativi della mia vita.

La prima ritrae me nella mia famiglia di origine: siamo in Africa, in uno di quei viaggi che appartengono ai ricordi cari del periodo della mia vita con loro. Lì avevo 12 anni e nella foto sono al centro del gruppetto composto da padre, madre, sorelle e un accompagnatore keniota. Mi vedo decisa e sicura, loro sono tutti alle mie spalle, mi sembra un po’ come mi sento oggi, me stessa con un passato di cui alcune persone fanno parte, ma che adesso sono sullo sfondo.

La seconda foto che ho scelto è gioia pura: sono con Roberto nel giorno del nostro matrimonio e siamo all’inizio della festa con i nostri amici: c’è la musica e una nostra amica fa le foto. Sono felice: mi vedo decisa, sto camminando con Robi verso un futuro che immagino bello e intenso, pieno di ottimismo. Ero proprio così. Adesso sono un po’ abbattuta da varie vicissitudini e vedendo questa foto provo tenerezza per come ero, ma anche ammirazione per la forza, per la mia capacità di sperare in un domani migliore, rispetto alle esperienze che mi avevano già segnata e che stavo ancora vivendo. A quella Cinzia chiedo di ridarmi un po’ della sua fiducia nel mondo e un po’ di spregiudicatezza.

La terza foto è quella con Ettore, a sette anni, che tiene in braccio Cesare neonato. Al fianco ho messo due fototessere di me in quegli anni. Questa foto è per me gioia grande e orgoglio per quello che ho costruito. Allo stesso tempo è una sorta di promemoria: un monito a tenere i piedi per terra, perché io ho la tendenza a dimenticare le cose brutte e i figli sono stati sinora esperienze per me assai diverse e variopinte. Attraverso loro e con loro ho vissuto una felicità che non conoscevo. Attraverso loro e con loro ho vissuto un’impotenza e un dolore conosciuti nella mia infanzia e che pensavo di non riprovare mai più.

Le esperienze negative mi hanno portata a conoscere sensazioni impreviste, da cui tendo a prendere la distanza e in un certo senso è positivo questo allontanamento, perché mi aiuta a proteggermi: la sofferenza che ho affrontato oramai può scivolare nei ricordi passati. D’altro canto ho sempre il timore di illudermi che il peggio sia passato: non voglio certo trattenerlo, ma non posso fingere di dimenticare.

Una spiaggia sabbiosa su un'isola
"I granelli di questa spiaggetta si chiamano fiducia, accettazione, imperfezione, accoglienza, amore, speranza, umiltà"

Questa sono oggi. Se potessi fare la foto di me adesso sarebbe un’immagine con me davanti e sullo sfondo alcune persone, quelle importanti: Roberto, i nostri figli, Cristina, Eleonora, la sua compagna Claudia, il compagno di Cristina, Massimiliano e più in là qualche sagoma non meglio identificata di persone che fluttuano nella mia vita: incontri benefici, imprevisti e imprevedibili, regali del destino. L’immagine sarebbe avvolta dal verde di un bosco col cielo di un azzurro acceso e sulla sinistra il rosa dell’inizio di un tramonto. Così mi sento.

Un’altra immagine che si forma adesso è questa: nel profondo di me, oltre il pensiero, al di là delle emozioni, della volontà e della memoria, c’è un’energia, una spiaggetta di sabbia chiara: un approdo sicuro. Se le onde diventano vorticose, se non riesco a tornare alla riva sicura, allora la spiaggetta compare e lì mi posso fermare per ritrovare la calma e individuare la direzione possibile.

L’importante è esserci stata una volta, la strada la ritrovo sempre: per me i granelli di questa spiaggetta si chiamano fiducia, accettazione, imperfezione, accoglienza, amore, speranza, umiltà, e altro ancora che non so nominare. C’è una palma sull’isoletta della salvezza: è il mio sapere e non è importante cosa raggiungo, ma come lo raggiungo e che l’intenzione vale quanto una vittoria, se è animata da amor proprio, amore per l’altro: amore per quello che c’è.

Cinzia

Sonia riflette sulla lettera di Cinzia

Cinzia nello scritto in cui si autodefinisce, dopo aver fatto un viaggio comune con la scrittura terapeutica, si rivela con queste parole:

Ho capito qualcosa che mi fa sentire meglio, mi sento meno inquieta. Ho capito che non posso inventarmi di essere diversa da me stessa”.

Cinzia approda su un lido dove si coglie più vera, con il bisogno di svelarsi e quello di imparare ad accettarsi in questa sua nuova dimensione sentendosi in tal modo meno inquieta, più serena. Il lavoro interiore scarnifica ma porta sempre verso nuove mete di conoscenza che diventano, via via che il lavoro procede, più appaganti, più salutari. A stretto contatto con l’esperienza degli altri si impara a vedere nella narrazione altrui pezzi nostri, similitudini e rivalutazioni di crescita che vanno ad ispessire il pensiero mentale allargando gli orizzonti, facendo intravedere nuove modalità di comportamento esaustive. L’altro con la sua narrazione ci induce a fare luce in noi stessi e seguitando in questa apertura neutrale impariamo cose nuove di noi; aumentando la sensazione che molto si possa costruire sulle ceneri personali trasformando le difficoltà in opportunità.

Cinzia ci parla del valore dell’amicizia, della forza costruente di un’amicizia che sa non giudicare, che sa investire sul confronto di crescita, che sa aiutare quando le fatiche e le fragilità si affacciano sulla vita . Parla di questo raffronto fra la relazione di un’amica e quella della propria sorella con cui si percepiscono maggiori discrepanze, su cui è difficile investire perché si fa fatica a sentirsi se stesse, a liberarsi da vecchi pregiudizi e vecchie rappresentazioni mentali. Ma Cinzia aggiunge una cosa importante che dovrebbe essere meta per ognuno di noi: l’accettazione della diversità dell’altro anche in rapporti famigliari molto stretti, il gesto della consapevolezza che ci rende liberi gli uni agli altri, nelle scelte, nei comportamenti, nelle alterità personali. Cinzia ci indica una strada di apertura dove le aspettative di comportamenti in linea con i nostri non sono più determinanti e assolutisti.

Si sceglie per la propria libertà e per la libertà dell’altro riducendo in tal modo il peso di determinati pensieri che fiaccano le forze individuali sconfinando la persona in tetre illusioni, in diaspore futili senza frutti. Si sceglie di seguire una propria strada dove diventa importante allinearsi con chi sentiamo più in sintonia con il proprio modo di percepire e di sentire la vita, senza rimanere turbati da chi ha pensieri e comportamenti diversi dai nostri.

Sonia Scarpante – Comitato editoriale Odòn

Crediti: Foto di MustangJoe da Pixabay

Foto di copertina: di Luisella Planeta Leoni da Pixabay

Presidente associazione La cura di sè, docente, formatrice e scrittrice. Docente di scrittura terapeutica e formatrice per operatori sanitari e educatori. Master per operatori con metodologia registrata Metodo Scarpante

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